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dic 25 2008

Tommasi si racconta a CM ‘Londra mi piace. First Division lunga e competitiva’

E’ appena finito l’allenamento del QPR all’Imperial College Sports Ground di Londra, a due passi dall’aereoporto di Heathrow. Damiano Tommasi si trattiene un attimo con i compagni, poi si avvicina a noi con un sorriso, stessi riccioli, stessa barba, stesso stile. 34 anni, dieci in giallorosso, uno scudetto e una supercoppa, poi il grave infortunio, un buio durato 15 mesi. In pochi avrebbero scommesso sul suo ritorno, ma lui rientra in campo e segna al primo minuto. Pero’ qualcosa si era incrinato nel suo rapporto con la Roma, Tommasi preferisce andare via, passa due stagioni al Levante, nella Liga spagnola, prima di approdare alla corte di Flavio Briatore al QPR. Calciomercato.com lo ha intervistato in esclusiva.

Tommasi, parliamo prima di tutto del presente: ci puo’ raccontare questi suoi primi mesi in Inghilterra?
Sta andando discretamente bene. La squadra e’ competitiva. Dobbiamo lottare per i play-off e lo stiamo facendo. Personalmente sono arrivato con un infortunio ed ho iniziato con le riserve per acquisire il ritmo partita. Adesso sono pronto per giocare e sicuramente ci sara’ l’occasione anche per me. Sono comunque molto contento perche’ sono tornato a fare il mio lavoro dopo l’infortunio. Il mio contratto scade a Giugno 2009, ma spero che quest’avventura possa continuare. Per quanto riguarda la sfera personale, l’unica vera difficolta’ e’ la lontananza dalla mia famiglia, rimasta a Roma perche’ i miei figli avevano gia’ iniziato la scuola.

E Londra?
Londra mi piace, il clima non e’ poi cosi’ brutto come si dice. Con la lingua me la cavo abbastanza, anche se ho ancora qualche difficolta’ a capire quando due inglesi parlano tra di loro velocemente.

Come ha trovato la “First Division” inglese?
E’ un campionato molto lungo con tante squadre competitive. In pratica si puo’ perdere e vincere con ognuna di loro. Al QPR questo lo sappiamo benissimo avendo battuto due volte la prima in classifica e poi perso con squadre meno blasonate.

In Italia si e’ parlato molto del QPR, soprattutto a causa di Flavio Briatore, ma forse in pochi conoscono a fondo il club.
Il QPR prima di Briatore apparteneva ad un altro italiano, Gianni Paladini, che e’ rimasto a curare la parte sportiva. Con l’ingresso della nuova proprieta’ sono iniziati gli investimenti su nuovi giocatori e l’ambizione del club e’ quella di tornare a giocare ad alti livelli.
Nel calcio il ritorno dell’investimento non e’ automatico, come per esempio abbiamo visto con Moratti nell’Inter, e quindi a volte i risultati non vengono subito, ma quest’anno abbiamo le carte in regola per poter raggiungere il traguardo dei play-off. Mancano ancora 20 partite alla fine, quindi c’e’ tutto il tempo per recuperare.

Lei e’ al QPR anche per la sua esperienza, per dare l’esempio ai giovani talenti. Come si sente in questo ruolo?
E’ vero, qui ci sono molti giovani, ma non e’ una mia prerogativa quella di farmi seguire. E’ chiaro che cerco di portare l’esperienza che ho acquisito in tutti questi anni con vari allenatori, ma e’ anche vero che il calcio inglese e’ un po’ differente dal nostro e non so quanto un bagaglio maturato in altri campionati possa contare veramente. Comunque cerco di essere quello che sono sempre stato, di fare il mio lavoro ed essere pronto quando serve. Se poi potro’ anche essere di aiuto ai giovani, ben venga.

Quali sono stati i suoi esempi ad inizio carriera?
Io ho iniziato a Verona, e giocatori esperti come Pierino Fanna sono stati importanti. A Roma sono stato ispirato da campioni del calibro di Aldair, Balbo e Cafu’.
 
Il QPR e’ allenato da un’altra vecchia conoscenza del calcio italiano, Paulo Sousa. Come sono i suoi rapporti con lui?
Molto buoni. Ha portato delle novita’, cambiando il nostro modulo di gioco. Si vede che anche lui e’ stato un calciatore, soprattutto dal modo chiaro di comunicare con i suoi giocatori. Si e’ inserito benissimo fin dal primo momento e credo abbia le carte in regola per fare molto bene.

Com’e’ il Presidente Briatore?
La cosa che mi ha colpito di piu’ e’ la sua presenza e partecipazione sia nelle vittorie che nelle sconfitte, la conoscenza dell’ambiente, dei calciatori, del modulo di gioco. Sembra quasi che questa sia la sua unica attivita’, ma tutti sappiamo che non lo e’.

Ed Ecclestone?
Ecclestone viene alle partite,  ma e’ Briatore che e’ piu’ coinvolto con le attivita’ della squadra.

Ormai nel calcio inglese si parla italiano. Capello ct dell’Inghilterra, Zola al West Ham, Di Matteo all’MK Dons, per non parlare dei molti dirigenti e preparatori atletici. Perche’?
Be’, non a caso siamo campioni del mondo in carica e la scuola italiana, soprattutto a livello di allenatori, e’ eccellente. In Italia si cura molto di piu’ l’aspetto tattico che e’ forse sempre stato il punto piu’ debole qui in Inghilterra.

Capello e’ stato il suo allenatore e Franco Baldini il direttore sportivo della Roma ai tempi dello scudetto. Dove andra’ l’Inghilterra con loro?
Con Capello e Baldini l’Inghilterra potra’ ottenere i risultati che merita. La nazionale inglese e’ una grande squadra, con giocatori di grande talento. Sono sicuro che Capello riuscira’ a motivarli al 100%.
Comunque non bisogna dimenticare che le competizioni internazionali e soprattutto le fasi finali di un mondiale, vivono su molte variabili, in primis la forma dei giocatori chiave in quel determinato periodo. Non si sa mai come ci si arriva, specialmente dopo campionati lunghi e stressanti, ma penso che l’Inghilterra abbia le carte in regola per arrivare tra le prime quattro.

Lei ha fatto parte della spedizione azzurra al mondiale Nippo-Coreano del 2002 dove risulto’ uno dei migliori giocatori. Che ricordo ha di quel periodo non proprio felice per la Nazionale?
E’ stato un mondiale iniziato bene, ma che poi e’ stato compromesso da parecchi episodi che ci hanno girato contro, come ad esempio l’annullamento di ben 5 gol su 10 segnati. In ogni caso e’ giusto dire che potevamo fare meglio, specialmente con la Corea, dove avevamo avuto molte occasioni per chiudere la partita prima di arrivare al Golden Goal che ci ha eliminato dal torneo. Personalmente rimane un’esperienza importante, ma come ho detto prima, un mondiale e’ anche un terno al lotto e squadre con piu’ entusiasmo e meno pressioni nei loro campionati locali, possono mettere in difficolta’ chiunque.

Dopo la partita con la Corea tutti si sono scagliati contro l’arbitro Moreno gridando allo scandalo. Eppure in casa nostra stava maturando uno scandalo di portata ben piu’ grande. Che cosa ha pensato quando CALCIOPOLI e’ venuto a galla?
Ero molto deluso. La prerogativa di noi calciatori e’ quella di concentrarci sul campo e certamente non quella di parlare di arbitri, trame, congiure e di altre cose che non riguardano il campo di gioco. La cosa che pero’ mi ha stupito di piu’ e’ che nonostante sia emerso tutto il male che c’era nel calcio italiano, non si sia colta l’occasione per cambiare veramente. Non so perche’, posso solo immaginare che in fondo ai piu’ stia bene cosi’. Potevano cambiare le persone, le idee, invece vediamo ancora gli stessi volti ai vertici dirigenziali, le stesse persone che erano in carica nel sistema precedente. Non vedo percio’ come si possa effettuare un vero cambiamento se le persone sono sempre le stesse.

Che cosa NON le manca dell’Italia in generale e del calcio italiano in particolare?
Non mi manca l’esasperazione del risultato, l’enfasi che si da’ alle sconfitte, come ad esempio quello che e’ capitato recentemente a Torino. Contestazioni piu’ o meno avallate dai mass-media. Credo che questo sia uno dei piu’ grossi problemi del calcio italiano, il dare per scontato che se una squadra va male debba essere criticata e contestata per forza, anche al di fuori del campo di gioco, colpendo a livello personale, turbando la vita familiare dei calciatori. In Spagna ed in Inghilterra queste cose non accadono, almeno per il momento.

Perche’ molti calciatori dimostrano grandi fragilita’ psicologiche? Colpa del sistema che pensa piu’ a sfruttarli economicamente piuttosto che curarne il loro sviluppo come persone?
Francamente credo che in percentuale siano meno fragili i calciatori di altre categorie di lavoratori.

Quanto conta la famiglia nel rendimento di un calciatore?
Per qualsiasi persona la famiglia e’ fondamentale. Per quanto mi riguarda sia la mia famiglia di origine che quella che mi sono costruito, sono state la base per ogni mio comportamento, per festeggiare le vittorie e per superare le sconfitte.

Ho letto che lei e’ molto religioso ed esperto di filosofia, e nella sua biografia in inglese su Wikipedia, si legge che lei  conosce molto bene l’opera di Kierkegaard, il padre dell’esistenzialismo.
E’ vero che sono religioso, ma francamente non sono esperto di Kierkegaard! La filosofia mi piace, ma quello che c’e’ scritto su wikipedia evidentemente va corretto…

Lei viene definito “Anima Candida” e “Una delle favole più belle del calcio italiano”. In realta’ lei si sente una “Candida Favola”?
Be’, il soprannome “Anima Candida” me lo ha messo lo speaker dello stadio Olimpico a Roma, mentre la definizione di “Favola” mi fu attribuito al mio rientro dopo il grave infortunio che mi tenne lontano dai campi per 15 mesi. Appena entrato in campo segnai subito un gol… Per un giocatore che doveva smettere di giocare, rientrare in campo nel suo stadio e segnare al primo minuto, be’ mi sembra davvero una favola, indipendentemente dal fatto che io ne fossi protagonista. Per me comunque quella e’ stata molto piu’ di una favola, e’ stata la cancellazione di mesi di sofferenza e di terapie vissuti in solitudine e con lo spettro di una carriera virtualmente finita.
Comunque la definizione di “Candida Favola” mi va bene! (ride)

Spende molto tempo con sua moglie e i suoi 4 figli?
Quando sono a casa passo piu’ tempo che posso con loro. In questo momento purtroppo non e’ possibile, ma appena il lavoro me lo consente torno per il weekend. Se il mio contratto verra’ rinnovato anche per la prossima stagione, come spero, anche loro mi raggiungeranno qui a Londra.

Quali sono i valori a cui lei e’ piu’ affezionato, sia professionalmente che umanamente?
Ribadisco la famiglia ed il senso di appartenenza alla comunita’ in cui si vive, con i nostri diritti ed i nostri doveri. I valori del Vangelo, con quello che ha comunicato *** su come vivere la famiglia e appartenere alla comunita’, muovono tutte le mie scelte. Ritengo che il successo professionale sia proporzionale a quanto uno riesca ad essere pienamente se’ stesso, anche nell’ambiente di lavoro.

C’e’una cosa che l’ha particolarmente ferita durante la sua carriera?
E’ legata al mio infortunio, ma non tanto all’evento in se’, quanto al fatto che mi sono trovato da solo ad affrontarlo.  Questo e’ stato anche il motivo principale per cui sono andato via da Roma. Si sono incrinati i rapporti con le persone che mi hanno seguito dopo l’infortunio e che non mi hanno trasmesso la convinzione di poter tornare, anche perche’ forse erano loro i primi a non crederci. Evidentemente a volte non basta essere “Anime Candide” e comportarsi bene… Questo e’ stato il momento piu’ deludente della mia carriera.

E quella che ricorda con piu’ affetto?
Sicuramente il mio ritorno in campo, avere segnato dopo un minuto. Questo ha dato ancora piu’ risalto alla mia vicenda. Sembra quasi che tutto fosse gia’ scritto, come se ci fosse stata una regia dall’alto.

Come ci si rialza da una batosta?
Con la consapevolezza che non e’ finita. Essere ancora capace di rialzarti dopo un colpo ti da’ la forza, ti fa sorridere e ti rende piu’ forte di chi o di cosa ti ha inflitto la batosta e credeva di averti finito.  Chi non cade mai non puo’ avere la forza di rialzarsi. Il calcio ti aiuta in questo, anche durante una semplice partita.

Un suo ricordo del Presidente Sensi
E’ stato il mio presidente in Serie A, ho avuto solo lui. Con lui ho iniziato e con lui ho chiuso la mia esperienza a Roma. E’ stato una persona importante per la mia carriera, specialmente all’inizio quando il mio rendimento non era cosi’ costante e c’erano anche problemi legati all’accettazione da parte del pubblico della mia presenza.

E’ ancora legato alla Roma ed ai suoi tifosi?
Si, a Roma ho casa, la mia famiglia vive li, abbiamo molti amici, molti interessi. Il legame con l’ambiente sportivo della Roma e’ ancora stretto, sia con Spalletti che con lo spogliatoio. Ogni occasione e’ buona per andarli a trovare a Trigoria.

Totti ha inviato un messaggio a Lippi per un suo clamoroso ritorno in nazionale: cosa direbbe a Francesco se fosse ancora con lui in squadra?
Non so se e’ lui che ha inviato il messaggio o magari gli e’ stata fatta una domanda, lui ha risposto e poi e’ ricominciato il tormentone. Totti, come Cassano attira l’attenzione dei media e del pubblico, soprattutto quando si parla di Nazionale.
Io non so che tipo di scelte fara’ Francesco. Io ho la mia idea sulla Nazionale che va al di la’ di andare o non andare. Prima di tutto e’ l’allenatore che sceglie, la responsabilita’ e’ solo sua. Quelli che vanno devono essere orgogliosi di indossare la maglia azzurra e rendersi conto che rappresentano gli altri rimasti a casa e soprattutto la scuola del calcio italiano.

Quando si ritirera’ riuscira’ a stare lontano dai campi di calcio?
Sinceramente i due anni passati in Spagna e questo periodo in Inghilterra mi stanno facendo vivere il mio lavoro con le giuste dinamiche e le giuste intensita’. Un calcio cosi puo’ stare nella vita di chiunque e non sarebbe cosi intollerabile rimanere nell’ambiente.

Allora la vedremo in veste di allenatore, manager o magari presidente? In Italia all’estero?
Ancora non saprei, ma non sono sicuro che le dinamiche del calcio e dell’ambiente italiano facciano ancora per me, chissa’, vedremo.

Tommasi, dopo tutti questi anni, c’e’ qualcosa ancora che la stupisce nel mondo del calcio?
Certamente! Il discorso tecnico stupisce sempre.  Chi segue il calcio da fuori magari ritiene che le partite siano tutte uguali, ma in qualsiasi partita puo’ esserci la cosa che non ti scorderai mai dal punto di vista tecnico. L’avvicendarsi di calciatori e allenatori sembra una litania monotona, ma in realta’ ogni partita in ogni campionato ha un suo risvolto formidabile ed indimenticabile.

(articolo di Roberto Filippi  per Calciomercato.com)