«

»

gen 11 2008

Briatore a GQ, intervista completa.

Briatore è nel pallone
di Simone Stenti

 

Dopo i successi in F1, il manager si butta nel calcio. Ha acquistato i Queens Park Rangers e punta alla Premier League, schierando un dream team della finanza. Come racconta in esclusiva a GQ.

La Trophy Room è rigorosamente no smoking, ma è facile immaginare la boiserie avvolta nelle volute dei sigari di azzimati soci che scambiano impressioni sul primo ministro Neville Chamberlain e, soprattutto, sui record di gol consecutivi di Tommy Cheetham, quando i Queens Park Rangers si stabilirono al Loftus Road Stadium, nel 1934.

La teca d’onore è occupata dalla Football League Cup, l’attuale Curling Cup, vinta 3-2 contro il West Bromwich Albion, nella prima finale giocata a Wembley. Foggia della coppa e caratteri arabescati delle incisioni ne tradiscono la data d’origine: 1967. Insomma, i cimeli farebbero sbavare i collezionisti, ma non sono recenti e neppure granché prestigiosi. Per esporre qualcosa di questa decade, bisogna aggrapparsi al premio vinto su Internet dal sito ufficiale. Insomma, l’avrete capito: se a Londra cercate Champions League, FA Cup e vittorie in Premier, l’indirizzo giusto non è nella zona di White City.

Tant’è vero che, in attesa del match col Crystal Palace, l’elemento di maggior curiosità rimane Stuart “Psycho” Pearce, brutale ex nazionale (fallì il rigore decisivo nella semifinale con la Germania, a Euro 96) e attuale coach dell’Under 21, che addenta cosce di pollo con la stessa voracità con cui azzannava gli avversari.

Che ci faccia qui è un mistero, che diventa ancora più fitto dopo aver visto la qualità dei giocatori in campo. Di convocabile, da sobri, non c’è proprio nessuno. E, visto che il bar offre vino di qualità inglese, risulta improbo capire come mai Flavio Briatore e Bernie Ecclestone si siano distratti dalla F1 per grattare le rogne di una squadra che è lì lì per naufragare pure in Championship, la serie B inglese.

Ci facciamo aiutare proprio da colui che per tutti, dai tifosi agli steward, qui è semplicemente “Flavio”.

 

“Calcio e F1 sono i due sport per eccellenza e noi abbiamo unito i mondi: competenze, marketing, sponsor, chi viene con noi risparmia“. Esordisce mr. Billionaire.

Non proprio una visione decoubertiana.
“Non scherziamo! Senza passione, manca tutto. E, viste le condizioni dei QPR, la conseguenza è che mi incazzo parecchio. Abbiamo salvato la società un’ora prima della bancarotta e non abbiamo potuto fare la campagna acquisti. Ora siamo proiettati sul mercato di gennaio, ma se perdiamo contatti anche dalle ultime in classifica sono guai”.

Avete pagato i QPR 90 milioni di euro. Cifra con cui avreste acquistato una dignitosa squadra italiana di A. Perché prenderne una di B inglese? “È un challenge. Qui sei sul mercato e giochi in una competizione pulita, dove le regole non hanno chiaroscuri. Una sfida con un unico metro di giudizio: il merito. Ecco perché qui ci sono investitori da tutto il mondo, mentre in Italia neanche uno”.

Novanta milioni, comunque, son mica bruscolini, per venti seviziatori di pallone.
“Non è mai importante a quanto compri, ma importa a quanto vendi dopo cinque anni”.

 

Avete appena acquistato e già programmate di rivendere?
“È un discorso teorico. Poi, non va dimenticato che la cifra comprende anche lo stadio. Trovo scandaloso che in Italia abbiano permesso alle società di calcio di quotarsi in Borsa. Ci sono tante società ben gestite, una su tutte il Milan. Ma sono società il cui unico capitale sono undici persone che corrono dietro a una palla. Che consistenza finanziaria possono avere?”.

Una solidità tenuta insieme con gli spilli del decreto spalmadebiti.
“Qui un’ora dopo la chiusura dei transfer, senza copertura finanziaria, c’è solo la bancarotta. Gli stipendi si pagano ogni settimana, e se dopo trenta giorni non li hai pagati tutti, ti tolgono 15 punti. Poi ti chiudono, senza possibili obiezioni. Per questo sono tutti onesti e solvibili”.

Come si può invertire la tendenza italiana?
“È impossibile. La casta degli eletti, che gestisce il calcio e ogni altro aspetto della società, dalla finanza alla politica, non ti permette nemmeno di partecipare. Figurati di vincere. Quindi, me ne sto alla larga. A me piace essere giudicato solo per i risultati”.

Leggendo la classifica, il giudizio rischia di non essere tenerissimo. “Quest’anno il target è salvarsi. Il prossimo consolidarci e tra due conquistare la Premier League”.

Intanto, un problema i QPR l’hanno risolto: quello economico.
“Su 19 mila posti di capienza totale, abbiamo una media di 16 mila spettatori: i biglietti costano molto più che in Italia, così facciamo il 50 per cento degli incassi del Milan campione d’Europa. La partita col Chelsea di FA Cup vale, da sola, un milione di sterline. Se arriviamo in Premier, ne prendiamo come minimo 60 di diritti televisivi, basta arrivare decimi e diventano 70. Poi, lo stadio è nostro: ci faremo concerti, lo renderemo davvero polifunzionale. Per questo abbiamo potuto riunire il gruppo d’azionisti migliore del mondo. Sono sei, tutti nella classifica di Forbes degli uomini più ricchi del pianeta”.

Come li avete convinti?
“Qualche credibilità l’abbiamo. Bernie ha creato la F1, mentre io, nel mio piccolo, ho vinto sette mondiali. Sempre nel nome dell’efficienza. È stato divertente anche soltanto raggiungerli: se passi dalla segreteria, va di lusso se ti ricevono sei mesi dopo. Ora siamo un club: ogni secondo lunedì del mese sappiamo che ci sono i QPR in agenda. Poi, naturalmente, non parleremo soltanto di calcio”.

 

(L’intervista completa su GQ, gennaio 2008, n. 100.)

 

 

(ammirevole la stima del giornalista per i Rangers…) :/